Categorie: AmbientePublished On: 7 Aprile, 2022

“LA PLASTICA IN ITALIA: VIZIO O VIRTU?” – L’evento di Ecco sul tema della plastica

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Aprile 7, 2022

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Oggi ho mandato un mio contributo all’evento organizzato da Ecco sul tema della plastica, senza dubbio un tema di grande interesse e richiamo perché consente un confronto e una riflessione ponderata su un dossier estremamente importante per il nostro Paese come la filiera delle plastiche che è al tempo stesso, come suggerito dalla discussione odierna, una grande risorsa del nostro comparto industriale (e come tale deve essere considerata) così come è necessario, e naturalmente non solo per la plastica, valutarne gli impatti sotto il profilo delle emissioni e della dispersione nell’ambiente.

Inevitabilmente, il legislatore e l’opinione pubblica si sono spesso concentrati su quest’ultimo aspetto legato all’abbandono e alla mancata, o insufficiente, gestione dei prodotti in plastica anziché operare una valutazione organica dell’intero settore che vede in Italia tradizionalmente la presenza di eccellenze nei processi di riciclo delle plastiche stesse.

Oggi ê sicuramente necessario un approccio integrale che premi il know-how italiano in questo settore, ma al tempo stesso impegni tutti nella riduzione nel consumo, al pari dell’impegno ad una riduzione complessiva del consumo anche delle altre frazioni merceologiche, per salvaguardare i nostri sfidanti obiettivi di decarbonizzazione e affronti l’abbandono e la dispersione di plastica sul suolo e nelle acque come aspetto patologico del sistema (è bene ripeterlo).

Proprio ieri la Camera dei deputati ha licenziato in terza lettura il ddl “Salva Mare”. Nell’articolato report di oggi sono stati messi in evidenza tre obiettivi legati rispettivamente, alla riduzione dei consumi di plastica, all’incremento dei tassi di riciclo e di riutilizzo e sull’utilizzo di plastiche compostabili. Sulla riduzione dei consumi, specie negli imballaggi, come Governo (così come anche gli stessi operatori- primi fra tutti i consorzi- ) abbiamo posto una specifica attenzione. Mi riferisco al contributo per i cosiddetti “green corner” nei supermercati per dare la possibilità ai consumatori di acquistare prodotti sfusi o alla spina, così come le risorse assegnate per installare apparecchi “mangiaplastica” per recuperare le bottigliette per bevande realizzate in Pet che ha registrato tra i comuni un diffuso interesse. Si tratta di azioni che hanno il duplice valore di coinvolgere cittadini ed aziende nell’impegno verso la sostenibilità attraverso la persuasione, senza attingere necessariamente alla logica del divieto o della tassazione, spesso soluzioni troppo rigide in un mercato già caratterizzato da innumerevoli fattori esterni in grado di condizionare gli operatori (così come sta avvenendo in queste drammatiche ore di conflitto in termini di prezzi dell’energia).

Sul tema bioplastiche, che rappresenta il focus di una sessione di questi lavori, desidero esprimere alcune considerazioni. Le bioplastiche possono senza dubbio dare il loro contributo alla decarbonizzazione così come indicato. In questa direzione è essenziale tuttavia che queste ultime siano raccolte, gestite e reciclate nell’organico così come previsto dall’art.182-ter del decreto legislativo 152/2006. A tale riguardo con decreto del Ministro dell’ambiente (ora della Transizione ecologica) abbiamo riconosciuto la necessità che fosse garantita anche per questa specifica tipologia di plastica un apposito regime di responsabilità estesa dei produttori che potesse interloquire direttamente con i comuni per assicurare il corretto fine-vita dei beni e degli imballaggi compostabili e al tempo stesso porre in essere campagne di sensibilizzazione sulla corretta raccolta e fine vita di questi prodotti.

Abbiamo riscontrato i vantaggi legati con l’entrata in vigore della legge “shopper” che vediamo tuttora nella misura non di una sostituzione “uno contro uno” di tale tipologia di imballaggi con prodotti compostabili ma con una riduzione sostanziale del consumo generale di imballaggi, ricordandoci che la gerarchia nella gestione dei rifiuti ci impone prima di tutto meno rifiuti e meno consumo di risorse poi il loro più appropriato riciclo. In questa direzione anche nel recepimento italiano della direttiva Sup (2019/904) sulla riduzione del monouso abbiamo richiesto per taluni prodotti il doppio requisito della rinnovabilita’ e compostabilita’ ai fini della loro immissione in commercio per puntare, lo ripeto, in casi in cui non sia possibile ricorrere a prodotti riutilizzabili come espressamente riportato nella lettera della norma, ad obiettivi più sfidanti come avvenuto nei sacchi frutta e verdura dei nostri supermercati. Infine un’ultima considerazione legata a questo tema. Come noto, la conversione del decreto legge 22/21 ha introdotto negli ambiti di intervento del neocostituito Cite (comitato interministeriale per la transizione ecologica) -di cui fa parte lo stesso Mite- il concetto di bioeconomia circolare. Come ho avuto modo di ripeter in più occasioni, non può esistere bioeconomia circolare senza economia circolare, ma è altrettanto vero che parlare di economia circolare senza bioeconomia circolare è un’occasione persa in quanto nulla di più si direbbe rispetto alla virtuosa gerarchia di gestione dei rifiuti. È necessario, infatti, andare oltre il concetto di riciclo dei rifiuti e attuare una economia che, mimando le dinamiche naturali, produca beni da matrici naturali (bioprodotti appunto) che, una volta utilizzati, possano diventere nel loro fine-vita fertilizzanti per il suolo. Quest’ultimo, a sua volta, creerà le condizioni per generare colture agricole in grado di riprodurre le componenti rinnovabili in una ottica di totale circolarità naturale.