RIFIUTI LAZIO, DISCARICHE IMPROVVISATE NON RISPONDONO AI DUBBI DELL’UNIONE EUROPEA

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Gennaio 13, 2020

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Si discute molto in questi giorni delle ordinanze che la Regione Lazio sta emanando per far fronte all’insufficienza di impianti per trattare rifiuti e della necessità di trovare, praticamente in meno di un mese, delle nuove discariche.

L’Unione Europea tuttavia chiede da quasi un anno spiegazioni, fino a formulare una serie di domande alla Regione circa l’assenza (e gli errori) di pianificazione che ha generato nel tempo diverse crisi andando ad impedire persino la raccolta dei rifiuti a causa assenza di sbocchi in cui portarli.

Parlare oggi di discariche è ridicolo, visto che il fabbisogno venne già stimato nell’aprile 2016 dalla Regione stessa: i problemi erano già evidenti, ma la delibera di giunta n.199/2016 prevedeva solo delle piccole modifiche agli impianti di trattamento rifiuti esistenti (secondo loro aventi capacità totale pari al doppio dei rifiuti prodotti nel Lazio) e consentendo sopraelevazioni di discarica oltre il consentito.

Da questo modo di fare hanno sofferto conseguenze tutti: le discariche di Roccasecca, Viterbo, Colleferro e Civitavecchia, praticamente tutte quelle rimaste attive, hanno iniziato a crescere in altezza senza che nel frattempo qualcuno ricordasse che prima o poi lo spazio finisce.

Esistono poi impianti che, come un secchio bucato, vanificano parte degli sforzi fatti con la differenziata: questo è il caso dell’impianto SAF a Colfelice, a servizio dei rifiuti prodotti in provincia di Frosinone ma anche dei rifiuti organici raccolti, che almeno fino al 2018 secondo dati ISPRA facevano la stessa fine dell’indifferenziato.

L’approccio di molti amministratori purtroppo è quello di pensare a tutto questo solo quando compaiono ipotesi di discariche nei propri territori: dal vicino va bene, a casa propria mai.

Bisogna assolutamente garantire che meno del 10% dei rifiuti prodotti finisca in discarica e che tutti i comuni raccolgano l’organico separatamente dal rifiuto secco, perché è ciò che chiede l’Europa nel nuovo pacchetto di direttive per l’economia circolare e che verrà presto recepito anche in Italia. Non bisogna più parlare di siti da condannare a prendere rifiuti per i prossimi vent’anni in attesa di trovare l’ennesima discarica. Occorre piuttosto parlare di volumi definiti necessari per consentire la transizione ad un nuovo modello di Sistema, che non necessiterà più di incenerire e smaltire perché non vedrà nei rifiuti una “risorsa”, bensì vedrà una risorsa in tutto ciò che non diverrà più rifiuto.